Il razzismo? La fame nel mondo? La guerra? No, i gruppi degli amanti dei cani (ma anche di molti altri animali) su Facebook e dei loro padroni iperprotettivi, che sanno sempre “tutto” rispetto ai professionisti, spesso sono il male della nostra epoca. Nonostante poi questo “tutto” sia in realtà “niente”!
Per chi non fosse avvezzo al tema, spiego brevemente: in un’epoca malata come la nostra, decine di proprietari di animali ritengono indispensabile scrivere su gruppi Facebook qualsiasi cosa accada ai propri animali. L’idea di partenza sarebbe anche valida per condividere informazioni utili su propri amici a quattro zampe. Ben presto però questi gruppi si trasformano in un ricettacolo della peggiore umanità, un totem del male di vivere, un’apoteosi del degrado.
Queste adunate sediziose digitali stanno iniziando a causare infatti guai molto reali, tanto che toelettatori, educatori e veterinari ad esempio, invitano i loro colleghi ad astenersi dal prenderne parte e a chiedere ai proprietari di non esagerare con le loro follie, di non litigare, di non usarli come tribunali digitali. In poche parole, di comportarsi come adulti e non come bambini paranoici.
I cosiddetti “gruppi dei padroni” dovrebbero, in poche parole, essere giudicati dall’Onu come crimine di guerra o quantomeno normati in maniera molto severa, prevedendo pene corporali per chi ne crea una. E dico davvero. Questi piccoli e grandi gruppi virtuali tendono a tirare fuori il peggio dalle persone e ad innescare un processo deleterio per gli animali.
Centinaia di notifiche ogni ora, litigi infiniti, pettegolezzi, tribunali sommari, processi di piazza, richieste di aiuto per cani con malattie più svariate, buongiorno e buonasera, buongiornissimo e kaffèèèè ecc. ecc. Ma fino a qui saremmo ancora nel campo del “facciamoci due risate, guarda che strano il nostro mondo, volemose bene”.
Il problema reale è che questi gruppi spesso diventano uno degli strumenti di quel male chiamato manie di ipercontrollo dei proprietari sui loro animali. Padroni che devono sapere dopo 3 secondi con che spazzola è stato pettinato il proprio cane o a quanti gradi esatti era l’acqua con cui è stato lavato (perché il toelettatore non fa questo lavoro perhché ama gli animali ma perché vuole maltrattarli), che devono commentare quanto era semplice spazzolarlo (se era così semplice perché si è ridotto un feltro unico non ve lo siete fatto da soli?), che devono esprimere pareri sulla simpatia del toelettatore (ma sarete simpatici voi…), che devono verificare costantemente da altre fonti la veridicità di quanto gli è stato detto (ammazza che fiducia).
Il passo successivo a questa opera di sovietizzazione cinofila, in cui il comitato superiore dei padroni sa tutto meglio dei professionisti che lo fanno da anni, sono i manoscritti in cui si accusa il veterinario di non aver saputo far passare la dermatite al proprio cane alimentato a tortellini e coda alla vaccinara o articoli in cui si sostiene che il toelettare ha chiesto troppo (magari più di 20 euro) dopo essere stato più 4 ore a strecciare il loro cane completamente infeltrito che lo voleva sbranare…
Insomma, si passa presto dall’ipercontrollo all’ipergiustificazione, al tirare su cani incapaci di confrontarsi con la realtà circostante perché sempre sorvegliati e protetti dai padroni digitali. Una notifica dopo l’altra.